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Storia delle pietre

Storia delle pietre ed erotismo della caduta 


Nel cratere Yökull dello Snæffels che l’ombra dello Scartaris tocca alle calende di luglio, scendi, coraggioso viaggiatore, e raggiungerai il centro della terra. Ciò che feci. Arne Saknussemm


Le pietre sono le nostre ombre,

disse Whymper. 

Aveva compagni improvvisati, forse, 

e Icaro. 

Ma la caduta fu un’altra cosa, e mistica, e fatale per quattro di loro. 

Dove le pietre restavano precisamente al loro posto, 

tra le nuvole turbate dai raggi del sole, al grido di “Impossible”, 

Michel Croz finì nel vuoto. 

Poco prima, Whymper aveva portato tutti sulla vetta, 

in una dozzina di ore, 

poi aveva assaggiato da una fiaschetta di Croz un sorso di genepi 

comprato il giorno prima a Zermatt. 

La discesa non ha la poesia dell’ascesa.  

Croz cadde da una pietra dominante.

La solitudine geologica, che ogni sasso della terra conosce, 

spiega l’universo come una caduta di pietre 

trattenute dalla vertigine. 

“Le pietre sono le nostre ombre”, ripetè Whymper, e scese. 

Whymper guardò le nuvole sottostanti, turbate da un’illusione 

nell’inconscio della valle. 

La pietra divenne ombra. 

La sua stessa ombra gigantesca, proiettata all’infinito dalle nuvole basse, 

circondata da un’aura di luce diffratta nei colori dell’arcobaleno,

rimase impressa nella sua mente. 

Pensò che fosse il fantasma di Michel Croz. 

Scese dal Cervino, il 14 luglio 1865

e lasciò la sua morte

sulla cima. 



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